L'ATTEGGIAMENTO ANTISCIENTIFICO

SILVANO FUSO


Nel 1951 Benedetto Croce così si esprimeva: "le scienze naturali e le discipline matematiche, di buona grazia, hanno ceduto alla filosofia il privilegio della verità, ed esse rassegnatamente o addirittura sorridendo confessano che i loro concetti sono concetti di comodo e di pratica utilità, che non hanno niente da vedere con la meditazione del vero"1. In un altro brano il filosofo abruzzese, citando un autore tedesco, paragona le scienze ad un "Kochbuch", cioè ad un libro di cucina, la cui utilità è solamente pratica.

E' ben nota l'influenza che Croce ha esercitato sulla cultura italiana con il conseguente predominio delle discipline umanistiche e la scarsa considerazione riservata a quelle scientifiche.

Il conflitto tra le due culture non è stato, in passato, limitato al solo contesto italiano ma ha interessato praticamente tutti i paesi ed ha visto dovunque una netta supremazia delle discipline umanistiche a scapito di quelle scientifiche2.

Rispetto a qualche decennio fa la situazione, sia in Italia sia negli altri paesi, appare modificata, ma non necessariamente i cambiamenti avvenuti hanno determinato una completa riabilitazione delle discipline scientifiche.

In ambito specialistico le scienze naturali e matematiche hanno ottenuto il riconoscimento di veri e propri sistemi di sapere anche da parte dei filosofi di professione, i quali, nell'ambito della loro attività, non possono più fare a meno di prendere in considerazione i risultati da esse prodotti.

A livello di opinione pubblica, invece, la situazione appare forse più preoccupante rispetto agli anni passati. Alla scarsa considerazione rivolta alle scienze nel passato, si è, infatti, diffusamente sostituito un atteggiamento di netto rifiuto e di inquietudine, tanto che l’insigne storico della scienza contemporaneo Paolo Rossi, per evidenziare questa situazione emergente ha recentemente parlato di "Società internazionale dei nemici della scienza"3.

Esponenti di spicco di questa società sarebbero quegli scrittori di successo che attraverso i loro romanzi, venduti a milioni di copie in tutto il mondo, diffondono un'immagine minacciosa e talvolta apocalittica delle conseguenze prodotte dalla scienza.

Ingredienti di questo preoccupante atteggiamento antiscientifico sono una crescente paura nei confronti della civiltà tecnologica, con conseguenti previsioni catastrofiche sul futuro dell'umanità, l'esaltazione di un idilliaco stato di natura oramai perduto e, naturalmente, la ricerca di dottrine che, alla "fredda" razionalità scientifica, contrappongano l'emotività arcana dell'occulto, della magia, del paranormale e, in generale, di tutto ciò che è esotico e alternativo rispetto alle forme culturali ufficiali.

Paradossalmente in una società sempre più permeata dai risultati della ricerca scientifica e tecnologica che hanno enormemente migliorato la qualità della vita di almeno una parte fortunata dell'umanità, si sta diffondendo un sentimento di ostilità e diffidenza nei confronti di questi stessi risultati. Questo curioso fenomeno è stato analizzato in chiave sociologica da Odo Marquard4, secondo il quale gli "esoneri" (da sofferenze e fatiche) o vantaggi che la società tecnologica concede all'uomo vengono dapprima accolti con entusiasmo, successivamente con indifferenza e infine con diffidenza e ostilità. Quest'ultima fase di rifiuto, che apparirebbe inevitabile, condurrebbe addirittura ad una vera e propria nostalgia delle condizioni di malessere dalle quali la civiltà ha affrancato l'uomo.

L'atteggiamento antiscientifico si manifesta in misura più o meno intensa nei confronti di tutte le discipline, ma per alcune di esse raggiunge toni particolarmente acuti. Un esempio particolarmente significativo è costituito dalla chimica, ritenuta una delle scienze che maggiormente minaccerebbe l'umanità. Lo stesso aggettivo "chimico" ha assunto un significato negativo e inquietante, tanto da essere spesso interpretato come antitetico a "naturale". L'espressione "sostanza chimica" terrorizza moltissima gente, che non si rende assolutamente conto che anche tutto ciò che si trova in natura è costituito da "sostanze chimiche".

Il clima di diffidenza nei confronti della scienza, così diffuso nelle società odierne, rappresenta il terreno di coltura ideale su cui possono facilmente prosperare credenze irrazionali nei confronti di discipline pseudoscientifiche, pratiche esoteriche, occulte e magiche5.

Ogni sforzo diretto a contrastare la diffusione di credenze irrazionali non può pertanto essere disgiunto da un serio impegno mirato a rimuovere le cause della diffusa ostilità nei confronti della scienza.

La causa principale dell'atteggiamento antiscientifico è, come sempre, l'ignoranza. La maggior parte della gente subisce i risultati scientifici che la società moderna offre, senza assolutamente comprenderli. E, come osservava già Voltaire, "L'uomo è portato a disprezzare tutto ciò che non comprende".

Al di là dei singoli contenuti disciplinari, ciò che molta gente ignora è la vera natura della scienza, possedendo, al contrario, un'immagine assolutamente distorta di essa6.

Da un lato c'è chi accusa la scienza di attentare agli aspetti più elevati della spiritualità umana, primi fra tutti la soggettività, la libertà e la spontaneità di ciascun individuo. La ricerca dell'intersoggettività, tipica della scienza, spaventa molta gente che contrappone ad essa la sfera, tipicamente soggettiva, della fantasia, della libera invenzione e dell'emotività.

Dall'altro lato c'è chi dalla scienza si aspetta una risposta a qualsiasi problema. Riponendo aspettative salvifiche nella scienza non si può che rimanerne delusi, scontrandosi con i limiti che inevitabilmente essa possiede.

In entrambi i casi l'insoddisfazione derivante produce un atteggiamento di rifiuto e spinge molti a cercare conforto nelle strade illusorie dell'irrazionalità.

L'antidoto contro il diffuso atteggiamento antiscientifico appare dunque relativamente semplice: fornire un'immagine corretta di ciò che la scienza è e di cosa invece essa non è.

Il fatto che tale antidoto sia stato finora scarsamente usato è attribuibile fondamentalmente a due cause.

Innanzi tutto il nostro sistema formativo (e presumibilmente quello di molti altri paesi) non fornisce un’adeguata "cultura scientifica". Anche se l'insegnamento delle discipline scientifiche ha, rispetto al passato, acquistato maggiori spazi, esse vengono tuttora proposte più sotto l'aspetto applicativo e strumentale che non sotto quello culturale. Questo determina facilmente il rischio di far apparire le scienze come il "kochbuch" di crociana memoria, anziché come i più efficaci sistemi di conoscenza a disposizione dell'uomo, quali esse sono.

Secondariamente, come ha più volte efficacemente osservato il già citato Paolo Rossi, una parte delle responsabilità ricade sugli stessi uomini di scienza che poco o niente si curano di fornire un'immagine corretta della loro attività7. Pochissimi scienziati osano inoltrarsi nel campo della divulgazione, guardata con sospetto dallo stesso mondo accademico, preferendo dedicarsi alle loro pubblicazioni tecniche che, inevitabilmente, risultano inaccessibili e incomprensibili ai più. Di conseguenza la divulgazione, salvo rare eccezione, è lasciata in mano a personaggi non sempre sufficientemente competenti (e spesso animati da interessi commerciali più che educativi) che contribuiscono a diffondere un'immagine falsata della scienza.

Per concludere, dunque, la lotta alle false credenze e all’irrazionalità non può essere disgiunta da una contemporanea opera di seria educazione scientifica. Solamente una corretta conoscenza dei suoi metodi, dei suoi obiettivi, dei suoi domini di competenza e dei suoi risultati può far apparire la scienza per quello che in realtà è: un raffinato sistema di sapere, indispensabile per comprendere noi stessi e la realtà in cui viviamo. In quest'ottica, essa, anziché contrapporsi alle esigenze spirituali dell'uomo rivela la sua natura profondamente umanistica in quanto capace di fornire contributi insostituibili al soddisfacimento delle fondamentali domande che l'uomo si pone.

RIFERIMENTI E NOTE

1) B. Croce, Indagini su Hegel e schiarimenti filosofici, Laterza, Bari 1967 (p.283);

2) Una classica discussione sulla contrapposizione tra discipline scientifiche e umanistiche si ritrova in: C.P. Snow, Le due culture, Feltrinelli, Milano 1977;

3) P. Rossi, "La Società internazionale dei nemici della scienza" in Scienza e filosofia alle soglie del XXI secolo, atti del convegno organizzato a Milano il 6 ottobre 1995 a cura della rivista Le Scienze, Le Scienze Milano 1996;

4) O. Marquard, Apologia del caso, il Mulino, Bologna 1991 (pp.131-134);

5) Si veda, a tale proposito, l'articolo di S. Kapitza, "Tendenze antiscientifiche nell'Unione Sovietica", Le Scienze n. 278, ottobre 1991;

6) G. Toraldo di Francia, "Errori e miti nel concetto comune di scienza", in AA.VV., Pensiero scientifico e pensiero filosofico, Muzzio, Padova 1993;

7) L'esigenza di informare il grosso pubblico relativamente alle proprie attività comincia fortunatamente ad essere sentita dalla stessa comunità scientifica. Nel febbraio 1996, ad esempio, si è svolto a Milano il Convegno Internazionale "Il futuro della scienza è iniziato: scienza e media", dove tali problematiche sono state ampiamente dibattute.